Il pianto del neonato

il pianto del neonato                      


IL PIANTO

 

Un bambino che piange tocca certamente il cuore degli adulti. Tutti i bambini piangono e a volte sembra che abbiano proprio bisogno di farlo.

Il pianto è certamente la più potente tra le le modalità di comunicazione del neonato: nessun altro segnale ha la stessa efficacia nello stabilire un contatto con i genitori. Il neonato annuncia il suo arrivo al mondo piangendo. Il primo pianto ha molti scopi:

l  fa espandere i polmoni e li mette in funzione;

l  contribuisce a liberare le vie respiratorie dal liquido in modo da consentire l'assunzione di ossigeno;

l  è una parte importante della reazione del bambino allo stress della nascita al di fuori del corpo materno.

 

QUALE PIANTO?

Sono stati individuati 6 tipi di pianto differenti:

 

PIANTO DI DOLORE:

È un urlo acuto, breve e lacerante, con una fase di apnea seguita da altre urla acute. Il bambino non smette di piangere quando viene preso in braccio. Il volto si contrae in una smorfia, le braccia e le gambe sono sollevate e bloccate contro il corpo. I genitori possono cercare di individuare il punto dolorante del bambino, tastando, sempre con delicatezza, le parti del corpo. Ovviamente, se il pianto persiste, è fondamentale rivolgersi al proprio pediatra di fiducia.

 

PIANTO DI FAME:

Avviene ad esplosioni brevi e regolari. È insistente, mediamente acuto. Di solito è il tipo di pianto, che si riconosce con più facilità: il piccolo muove la testa cercando il seno o il biberon, cerca di portare la mano o la coperta in bocca. Quando il bambino succhia il latte si può notare come, dopo una serie di poppate molto energetiche, prenda il via una sequenza costituita da poppate e pause. Il bambino è soddisfatto, vuole fermarsi per guardarsi attorno e ascoltare, dando inizio all'alternarsi ritmico fra poppate e pause.

 

PIANTO DI STANCHEZZA:

E' il pianto che si sviluppa per esempio dopo una lunga giornata, ricca di interazioni ed esperienze. E' un piagnucolare, che pian piano si intensifica. In questi casi la cosa più saggia da fare è mettere il bambino a riposare o comunque toglierlo dalle stimolazioni e presto il pianto si acquieterà.

 

PIANTO DI NOIA:

Se un neonato è annoiato inizia a piagnucolare ad intermittenza, come fosse un richiamo di attenzione. Ricerca nella stanza nuovi stimoli, magari inizia a fissare il proprio piedino, pur di distrarsi. Non è poi così complicato calmare il pianto di un bambino annoiato. I genitori possono magari prenderlo in braccio o parlargli dolcemente. Quasi tutto lo soddisfa a condizione che sia una novità.

 

PIANTO DI MALESSERE:

Le urla sono meno laceranti del pianto di dolore, anche se a tratti il pianto è molto forte e vigoroso. È intermittente e non particolarmente allarmante. Sta comunque comunicando che c'è qualcosa che lo disturba (per esempio aria nella pancia). I genitori possono verificare, come per il pianto di dolore, che non ci sia nulla di grave e successivamente offrire dell'acqua al bambino o aiutarlo a fare il ruttino.

 

SFOGHI A FINE GIORNATA: 

Spesso è un pianto scambiato per una “colica”. È agitato, intermittente e spesso ritmico, prende avvio di solito dopo una giornata ricca di impegni, piena di cose da vedere da sentire e da fare. Il ritmo di modesta intensificazione – agitazione, pausa, agitazione, pausa – può essere gestito temporaneamente parlando al bambino oppure prendendolo in braccio o ancora cullandolo. Il volto del bambino è disteso, con un'espressione un po' accigliata, che si alterna, però, al rilassamento del viso e del corpo. Con questo pianto a fine giornata il bambino non solo sembra instaurare un ritmo più regolare di sonno, veglia e alimentazione, ma sviluppa anche una nuova consapevolezza nei confronti dei genitori, che in questa fase hanno lavorato con tanta dedizione per consolarlo. 

 

Quando un genitore deve preoccuparsi e quando invece deve lasciar sfogare il suo bambino?

Il pianto è considerato un comportamento di adattamento psicologico naturale ed è il mezzo di comunicazione più efficace per un bambino.

I genitori sono in grado di capire e riconoscere il metodo adottato dal loro bambino per controllare il suo mondo interiore e quello esterno.  Comprendere il modo in cui un neonato gestisce veramente il proprio ambiente circostante insegna ai genitori e a tutti coloro, che si prendono cura di lui, il rispetto per le sue esigenze e per i suoi fabbisogni.

Ci sono enormi differenze individuali nel modo in cui un neonato gestisce il proprio adattamento alle sollecitazioni che lo circondano, come ci sono notevoli differenze individuali per quanto riguarda le sue necessità di sonno e di pianto. I neonati differiscono tra loro nel modo in cui possono essere calmati, nelle risposte alla fame e ai momenti di disagio, all'esposizione alla variazione di temperatura, al modo in cui vengono maneggiati e alle interazioni con chi si prende cura di loro. Il compito dei genitori è di non paragonare le caratteristiche del proprio neonato a quelle di qualche altro bambino, ma di osservare, di ascoltare e di assecondare lo stile di vita particolare del proprio figlio.

Tutti i genitori che si prendono cura profondamente del loro bambino saranno ansiosi. Tanta ansia ha uno scopo vitale: richiama quelle energie che servono ai genitori per affrontare le nuove responsabilità; consente loro di aprirsi nei confronti del bambino e nei confronti di altri che possono aiutarli. È un compito di vitale importanza quello di imparare a riconoscere i diversi tipi di pianto del bambino, ma capire le differenze richiederà del tempo. È interessante poter fermarsi ad osservare anche gli sforzi di autoconsolazione che il neonato da solo cerca di utilizzare, perché, se distinti dal genitore, potranno servire per permettere loro di intervenire in modo utile.

Ogni famiglia ha bisogno di elaborare la proprio routine per cambiare, allattare, far fare il ruttino, stringere tra le braccia, passeggiare e cullare il neonato o canticchiargli sommessamente qualcosa. I genitori impareranno poco a poco cosa risulta efficace per calmarlo e quando invece il neonato ha bisogno che gli venga lasciato un certo periodo di tempo per calmarsi e assopirsi da solo.

Le caratteristiche del pianto di un neonato e la sua capacità di essere calmato sono indicatori significativi di due aspetti: il tipo di temperamento e il “lavoro” che il genitore dovrà fare per consolare il bambino.

Il linguaggio affettivo della mamma è di fondamentale importanza nelle prime settimane di vita del bambino. Questi si acquieta più facilmente se la mamma accompagna i suoi atti con parole dolci, vezzeggiativi, interiezioni pacate, espressioni ripetute. La parola, carica di affetto, può essere un farmaco portentoso. I bambini differiscono nel temperamento. Non sempre ciò che va bene per l'uno soddisfa l'altro. Continuando a lamentarsi, il piccolo comunica alla mamma la sua disapprovazione e lei reagisce di conseguenza, modificando il suo atteggiamento. Ma, nella maggior parte dei casi, i bambini si adeguano ai comportamenti materni, li interiorizzano e li fanno propri.

Dott.ssa Silvia Azzini

 

Letture suggerite:

  •   Il tuo bambino e …il pianto di T. Berry Brazelton, Joshua D. Sparrow;  Raffaello Cortina Editore
  •   Il bambino da zero a tre anni di T. Berry Brazelton; Rizzoli

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